Whistleblowing: esclusi i contrasti personali sul lavoro

La procedura di whistleblowing non può essere utilizzata per esprimere lamentele personali o promuovere rivendicazioni relative alla disciplina del rapporto di lavoro. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1880/2025, sottolineando che la tutela garantita ai segnalanti si applica esclusivamente quando le segnalazioni riguardano condotte illecite, non necessariamente rilevanti sul piano penale, ma comunque di interesse pubblico.

Il caso in esame

La pronuncia della Cassazione riguarda un dipendente pubblico sospeso dal servizio per tre mesi, che aveva utilizzato il whistleblowing per denunciare un dirigente, accusandolo di comportamenti poi risultati infondati. Il lavoratore ha sostenuto di aver agito per segnalare una violazione normativa, ma la Corte ha confermato quanto stabilito nei precedenti gradi di giudizio: la segnalazione era motivata da interessi personali legati a contrasti lavorativi e non da una reale volontà di denunciare condotte illecite.

I limiti della protezione per il whistleblower

La Cassazione ha precisato che il regime di tutela previsto per il whistleblower non si applica quando le segnalazioni sono utilizzate per scopi personali o per contestazioni relative al proprio rapporto di lavoro, inclusi i rapporti con i superiori gerarchici. La protezione è garantita solo a chi denuncia violazioni di interesse pubblico di cui è venuto a conoscenza nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative.

L’evoluzione normativa

La decisione si inserisce nel contesto del recepimento della direttiva europea sulla protezione dei whistleblower, aggiornata per rafforzare la tutela di chi segnala illeciti nell’interesse collettivo. La normativa prevede l’obbligo per le imprese con almeno 50 dipendenti di dotarsi di un canale di segnalazione, ma esclude le denunce mosse per motivi personali o per dissidi interni al rapporto di lavoro.

La sentenza ribadisce quindi l’importanza di distinguere tra segnalazioni di condotte illecite e rivendicazioni di carattere personale, per garantire un uso corretto e trasparente dello strumento del whistleblowing.


LEGGI ANCHE

Bambini e uso consapevole del digitale

Consigli e normative per un uso sicuro di internet da parte dei minori Oggigiorno, gli algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning raccomandano con efficienza i contenuti da visionare. Infatti, tutte…

Giustizia e politica: Nordio tenta di abbassare i toni sul decreto disciplinare

Scontro su separazione delle carriere e nuove norme per i magistrati, il ministro cerca il dialogo.

sospensione esecuzione immobili e termini reati connessi

Cassazione: sospensione esecuzione immobili e termini per reati connessi

La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 13989 del 20 maggio 2024, ha stabilito che la sospensione dei termini e la proroga di cui…

Nono giorno di attacchi hacker filorussi

Prosegue senza sosta la campagna degli hacker filorussi NoName057(16) contro siti istituzionali italiani. Oggi, per il nono giorno consecutivo, gli attacchi hanno colpito la Pubblica amministrazione locale, rendendo inaccessibili i portali delle Province di Trapani, Ragusa, Caltanissetta ed Enna, oltre al sito del Comune di Catania e della Regione Puglia.

L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha immediatamente allertato i bersagli colpiti, fornendo indicazioni utili per mitigare l’impatto degli attacchi. La situazione rimane in evoluzione, con le autorità impegnate a contrastare la minaccia informatica in corso.


LEGGI ANCHE

palazzo ministero giustizia

Ministero giustizia: entro settembre al via i pagamenti dei nuovi 4000 AUPP

NoiPa ha assicurato che, con rata urgente, nel mese di settembre verranno processati i pagamenti degli stipendi.

Consumi, l’Italia spende di più in tecnologia e tempo libero: cala il peso di cibo ed energia

Secondo l’analisi di Confcommercio, la spesa pro capite sfiora i 22.114 euro, trainata da informatica e telefonia (+3.000% in 30 anni) e dai servizi culturali.…

Giustizia, cambia (di nuovo) la squadra di Nordio: nuovo capo al Dap e riassetto ai vertici del ministero

Dopo mesi di tensioni istituzionali e dimissioni a catena, via Arenula ridefinisce i vertici dei dipartimenti. Al Dap arriva Stefano Carmine De Michele, in un…

Cassazione: no all’improcedibilità dell’appello per mancato deposito telematico

Con l’ordinanza n. 3580/2025, pubblicata il 12 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sulle conseguenze della costituzione telematica in giudizio dell’appellante mediante il solo deposito cartaceo dell’atto di appello notificato via PEC, senza l’accompagnamento degli originali o dei duplicati telematici. La pronuncia segna un passo importante verso un’interpretazione meno formalistica delle modalità di costituzione in giudizio, privilegiando l’effettività dei mezzi di azione e difesa.

Il caso

La vicenda trae origine dalla causa intentata dagli eredi di un’automobilista deceduto in un incidente stradale. Gli eredi avevano citato in giudizio il Comune dove si era verificato il sinistro, la compagnia di assicurazione e un ristorante situato nelle vicinanze, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Dopo una prima sentenza, l’appellante si era costituito in giudizio depositando solo la copia cartacea dell’atto di appello notificato via PEC, senza allegare gli originali o i duplicati telematici dell’atto.

La decisione della Cassazione

I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso e rinviato la causa alla Corte di Appello di provenienza, stabilendo importanti principi di diritto:

  • Nessuna improcedibilità per mancato deposito telematico: La Corte ha chiarito che la costituzione analogica dell’appellante, senza l’allegazione degli originali o duplicati telematici, non comporta l’improcedibilità dell’appello. Questo perché il destinatario della notifica PEC, avendo ricevuto l’originale dell’atto, è in grado di verificare autonomamente la conformità dell’atto stesso.
  • Principio di strumentalità delle forme: La decisione si fonda sul principio di “strumentalità delle forme” processuali, secondo cui le modalità procedurali devono servire all’effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, evitando vuoti formalismi. La Corte ha sottolineato l’importanza dell’effettività dei diritti di difesa, richiamando gli articoli 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 della Costituzione italiana.
  • Nullità sanabile e non improcedibilità: La tempestiva costituzione dell’appellante tramite deposito cartaceo dell’atto notificato via PEC non determina l’improcedibilità dell’appello, ma costituisce una nullità per vizio di forma, sanabile con il raggiungimento dello scopo dell’atto.

Un passo avanti verso la semplificazione processuale

La pronuncia della Cassazione rappresenta un importante passo verso una giustizia più snella e meno legata a formalismi, favorendo l’effettività del diritto di difesa senza inutili ostacoli procedurali. La decisione avrà un impatto significativo sulla prassi processuale, confermando un orientamento volto a privilegiare il merito delle cause rispetto ai formalismi procedurali.


LEGGI ANCHE

bonus avvocati

[AGGIORNATO 19 MAGGIO] Bonus avvocati: nuovi pagamenti ma le risorse sono terminate

Aggiornamento 19 maggio: Lo scorso 15 maggio, Cassa Forense ha comunicato tramite il proprio sito che, a seguito dei nuovi stanziamenti disposti con D.I. n.…

Separazione delle carriere: una riforma tra opportunità e rischi, parla Violante

Secondo l'ex Presidente della Camera, l’obiettivo della riforma non riguarda semplicemente l’amministrazione della giustizia, ma rappresenta un tentativo di riequilibrare i rapporti tra politica e…

portatile

Modello 5/2024, procedura on line

Da ieri, lunedì 17 giugno 2024, sono attive le procedure per la compilazione e l’invio del Mod. 5/2024, del Mod. 5bis/2024 e del Mod 5ter/2024. Il…

Fiscalità degli avvocati, tra nuove opportunità e limiti normativi

Il 20 febbraio 2025, presso l’auditorium della Cassa Forense a Roma, si è tenuto il convegno “la fiscalità degli avvocati: dai forfettari alle STA, limiti e opportunità”, organizzato dall’Unione Nazionale delle Camere Avvocati Tributaristi (UNCAT) in collaborazione con Cassa Forense. L’evento ha rappresentato un’importante occasione di confronto sul panorama fiscale degli avvocati, con la presentazione della “Guida pratica sulla fiscalità degli avvocati”, una pubblicazione curata da UNCAT e dalla Commissione studi della Cassa Forense per supportare i legali in ambito fiscale, deontologico e contributivo.

Tra i partecipanti, spiccano le presenze di Maurizio Leo, vice ministro dell’economia, e Vincenzo Carbone, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che hanno fornito anticipazioni su temi cruciali per la professione, tra cui il nuovo protocollo per i certificatori del rischio fiscale e le possibili correzioni alla riforma fiscale.

Nuovi requisiti per i certificatori del rischio fiscale

Nel corso del convegno, Vincenzo Carbone ha annunciato che a breve sarà ultimato il protocollo operativo che definirà i requisiti necessari per diventare certificatori del rischio fiscale nell’ambito del sistema di cooperative compliance. Questa iniziativa, volta a garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra imprese e Amministrazione finanziaria, richiederà ai professionisti competenze qualificate e una comprovata esperienza nel settore tributario.

Tra i requisiti fondamentali ci sarà la conoscenza dei principi contabili internazionali, necessaria per una corretta valutazione del rischio fiscale delle imprese. La comprovata esperienza professionale potrà essere dimostrata attraverso attività come la partecipazione a collegi sindacali o la revisione contabile. Inoltre, per i professionisti privi di esperienza in specifiche materie, sarà previsto un modulo formativo al quale parteciperanno anche funzionari dell’Agenzia delle Entrate.

Il protocollo sarà elaborato tenendo conto delle proposte del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio Nazionale dei Commercialisti, con l’obiettivo di definire standard condivisi per la certificazione del rischio fiscale. Questo nuovo sistema mira a rafforzare il ruolo degli avvocati tributaristi e dei commercialisti nella prevenzione dei rischi fiscali e nella promozione della compliance normativa.

Il ruolo dell’avvocato tributarista nella compliance fiscale

L’avvocato tributarista sta assumendo un ruolo sempre più centrale nella certificazione della compliance fiscale, passando dall’essere semplice difensore del contribuente a garante della corretta applicazione delle normative tributarie. Vincenzo Carbone ha evidenziato che il tributarista non è “l’avvocato dell’evasore”, ma un professionista chiamato a favorire trasparenza e rispetto delle regole fiscali.

In questo contesto, l’avvocato tributarista viene equiparato al notaio, configurandosi come figura chiave nella verifica e certificazione della compliance fiscale di imprese e contribuenti. Con l’introduzione del nuovo protocollo per i certificatori del rischio fiscale, il suo ruolo si arricchirà ulteriormente, ponendolo al centro del rapporto tra imprese e Amministrazione finanziaria.

Riforma fiscale e giustizia tributaria: le novità annunciate

Durante il convegno, il vice ministro Maurizio Leo ha anticipato importanti modifiche alla riforma fiscale, in particolare riguardo alla revisione di Irpef e Ires. Tra le novità, si sta valutando una deroga al principio di omnicomprensività del reddito introdotto con il decreto legislativo di riforma, escludendo plusvalenze e conti correnti dedicati dalla nuova tassazione.

Sul fronte della giustizia tributaria, Leo ha annunciato un riordino delle corti con una razionalizzazione degli organi giudicanti. Questa riforma punta a ridurre il numero di corti, specialmente in quelle con un carico di lavoro esiguo. Inoltre, Carolina Lussana, presidente del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, ha presentato il progetto del massimario delle sentenze tributarie, volto a garantire maggiore uniformità nell’interpretazione delle norme fiscali.

Queste riforme rientrano nel piano di interventi previsti dal PNRR, con il sostegno di risorse dell’Unione Europea destinate alla modernizzazione della giustizia tributaria e al miglioramento dell’efficienza del sistema fiscale.


LEGGI ANCHE

Permessi ai detenuti, più tempo per fare ricorso: il reclamo si potrà presentare entro quindici giorni

La Corte costituzionale cancella il termine di 24 ore previsto per impugnare il diniego di permesso in caso di gravi motivi familiari. Una scadenza troppo…

palazzo ministero giustizia

Record referendum, via Arenula: solo ieri ben 150mila firme

Nella sola giornata di ieri la piattaforma digitale istituita dal Ministero della Giustizia per le firme per i referendum ha raccolto complessivamente oltre 155.000 mila…

Avvocati, quando il cliente sostiene di aver pagato: la pronuncia della Cassazione

La sentenza della Cassazione n. 27597/2024 mette in evidenza l'importanza della chiarezza nelle relazioni tra professionista e cliente, in particolare quando si tratta di saldi…

Cumulo di sanzioni per la scarsa trasparenza sui dati personali

Il Consiglio di Stato ha recentemente confermato una sanzione nei confronti di Apple per la mancanza di trasparenza sull’uso a fini commerciali dei dati personali raccolti durante la creazione degli account. La sentenza (Sezione VI, n. 9614 del 2 dicembre 2024) ha ribadito che l’assenza di chiarezza nelle informative ai consumatori costituisce una pratica commerciale scorretta e una violazione delle normative sulla privacy.

Doppio binario di controllo e sanzioni

La decisione evidenzia un principio importante: le irregolarità nelle informative possono violare sia il Codice del Consumo (dlgs n. 206/2005), che tutela la libertà del consumatore, sia il GDPR (Regolamento UE n. 2016/679), che protegge i dati personali. Ne consegue che le sanzioni possono essere applicate sia dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) sia dal Garante della Privacy, confermando una duplice competenza in materia.

Concorrenza sleale e pratiche commerciali scorrette

Un altro aspetto rilevante riguarda la concorrenza sleale. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che una violazione del GDPR può costituire anche un atto di concorrenza sleale. In altre parole, un’impresa può agire contro un concorrente che sfrutta indebitamente i dati personali per ottenere un vantaggio commerciale.

Effetto cascata: sanzioni cumulabili in diversi settori

La sentenza apre la strada a un possibile effetto cascata di sanzioni. La cumulabilità delle sanzioni non si limita al settore della privacy e del consumo, ma potrebbe estendersi ad altre normative, come quelle sulla cybersicurezza, l’intelligenza artificiale, la responsabilità amministrativa delle imprese e le norme sul whistleblowing.

Un precedente che cambia le regole del gioco

Questo pronunciamento del Consiglio di Stato segna un precedente importante, confermando la possibilità di applicare sanzioni cumulative in caso di mancata trasparenza sull’uso dei dati personali. Per le imprese, si traduce in un necessario adeguamento a un complesso intreccio normativo, per evitare sanzioni multiple e proteggere la propria reputazione sul mercato.


LEGGI ANCHE

L’Italia, il paese delle (finte) partite IVA

In Italia, ci sono più lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti: parliamo del 21,8% dei lavoratori, mentre in Europa corrisponderebbero al 14,5%. Si pensi che in…

Cassazione: ricorso improcedibile senza copia notificata della sentenza

Se l'impugnazione è proposta contro una sentenza notificata, il ricorrente è tenuto a depositare la relata di notifica o, in caso di notifica a mezzo…

Concorso magistrato tributario: rinvio della prova preselettiva

La nuova data per la pubblicazione del diario della prova e dei quesiti è fissata al 29 novembre 2024, quando ulteriori dettagli saranno resi disponibili…

IA e pubbliche amministrazioni: doppio lavoro con le nuove normative

L’adozione dell’intelligenza artificiale (IA) nelle pubbliche amministrazioni italiane rischia di trasformarsi in un doppio lavoro burocratico. L’entrata in vigore del Regolamento UE sull’IA n. 2024/1689 (AI Act) introduce nuovi obblighi che si sommano a quelli già previsti dal Regolamento UE sulla privacy n. 2016/679 (GDPR). In particolare, la valutazione di impatto sui diritti fondamentali (Fria), richiesta dall’AI Act, si aggiunge alla valutazione di impatto sulla protezione dei dati (Dpia) prevista dal GDPR, aumentando la complessità gestionale per le amministrazioni pubbliche.

È quanto emerge dalla bozza delle “Linee guida per l’adozione di sistemi di IA nelle pubbliche amministrazioni”, pubblicata dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) con la determinazione n. 17 del 17 febbraio 2025 e attualmente in consultazione pubblica fino al 20 marzo 2025.

Linee guida per un’adozione consapevole

Il documento dell’AgID punta ad accompagnare passo dopo passo le pubbliche amministrazioni nell’adozione di sistemi di IA, sottolineando come tali tecnologie non siano semplici strumenti tecnologici, ma richiedano modifiche organizzative e gestionali. Le linee guida analizzano approfonditamente ogni fase del processo di implementazione e offrono fac-simile per gli adempimenti documentali necessari.

Una particolare attenzione viene posta al coordinamento tra IA e privacy: il documento impone obbligatoriamente alle pubbliche amministrazioni di affidare la strategia di IA, insieme a quella sui dati, al Responsabile per la transizione al digitale, coinvolgendo anche il Responsabile della protezione dei dati (DPO). Questo approccio mira a garantire la conformità normativa e la protezione dei diritti fondamentali.

Fria e Dpia: valutazioni d’impatto a confronto

L’AI Act introduce la Fria (valutazione di impatto sui diritti fondamentali) per i sistemi di IA “ad alto rischio”, utilizzati soprattutto dalle pubbliche amministrazioni e dagli organi giudiziari. La Fria deve descrivere i sistemi di IA, i rischi per i diritti fondamentali, le misure di prevenzione e le modalità di sorveglianza umana sui risultati.

Parallelamente, il GDPR richiede una Dpia (valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali), obbligatoria prima dell’uso di IA che trattano dati personali e da aggiornare periodicamente. La Dpia deve individuare i rischi e le misure tecniche e organizzative per mitigarli. Se permane un rischio elevato, l’amministrazione deve consultare il Garante per la protezione dei dati personali.

Sebbene la Fria e la Dpia presentino contenuti parzialmente sovrapponibili, devono restare documenti distinti: la prima valuta l’IA da una prospettiva ampia sui diritti fondamentali, mentre la seconda si concentra specificamente sui dati personali.

Una normativa italiana ancora incompleta

Nonostante i progressi, l’Italia è in ritardo nell’approvazione di una legislazione nazionale che armonizzi l’AI Act con l’ordinamento giuridico interno. Non basta più una normativa generale che ripeta concetti astratti, ma serve una disciplina dettagliata sull’uso dei sistemi di IA nelle amministrazioni pubbliche.

Per esempio, così come la legge sui procedimenti amministrativi (L. 241/1990) prevede la figura del “responsabile del procedimento”, sarebbe necessario introdurre il “responsabile della supervisione umana sui sistemi di IA”. Inoltre, occorre disciplinare l’utilizzo dell’output dell’IA nei processi decisionali amministrativi e nella motivazione dei provvedimenti finali.

L’aggiornamento della legge 241/1990 e dei relativi regolamenti attuativi appare dunque imprescindibile per gestire in modo coerente l’impatto dell’IA sull’amministrazione pubblica.


LEGGI ANCHE

donna con computer

Privacy: basta una lettera di scuse per risarcire la violazione(?)

La Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha stabilito che, in alcuni casi, una semplice lettera di scuse può costituire un risarcimento sufficiente per una…

Trapani, 25 agenti penitenziari indagati per torture e abusi

Secondo le accuse, i maltrattamenti avvenivano in aree del penitenziario non coperte da telecamere; successivamente, i dispositivi installati avrebbero registrato violenze reiterate.

Autovelox e Targa System, nuovi sequestri in Calabria: il nodo delle multe “da remoto”

Dai precedenti della statale 106 alle ultime indagini nel Catanzarese: senza omologazione i dispositivi possono solo supportare gli agenti e non sostituirli nell’accertamento

Evasori: solo uno su 8 è una partita IVA. Flop della lotteria degli scontrini

I contribuenti italiani con debiti fiscali non ancora riscossi dalle nostre Agenzie fiscali ammontano a circa 22,8 milioni, di cui 3,6 milioni sono rappresentati da persone giuridiche (società di capitali, enti commerciali, cooperative, ecc.) e i restanti 19,2 milioni da persone fisiche. Tra queste ultime, 16,3 milioni sono lavoratori dipendenti, pensionati e percettori di altre forme di reddito (da beni mobili, immobili, ecc.), mentre i rimanenti 2,9 milioni, corrispondenti al 12,7 per cento del totale, svolgono un’attività economica come artigiani, commercianti o liberi professionisti.  In sintesi, i dati ufficiali forniti dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione confermano quanto sostenuto costantemente dalla CGIA: i lavoratori autonomi non sono un popolo di evasori, come spesso vengono descritti dall’opinione pubblica. È indubbio che in questa categoria vi sia anche chi non adempie ai propri obblighi fiscali; tuttavia, secondo le statistiche ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, solo un debitore col fisco su otto è una partita IVA.

·        Mancano 1.274 miliardi, ma incassabili sono solo 100. Il 76% delle cartelle sono di importo inferiore ai 1.000 euro

Tra il 2000 e il 2024 le tasse, contributi, imposte, bollette, multe, etc., non riscosse dal fisco italiano o da altri enti sono pari a 1.274,5 miliardi di euro. Al netto delle persone nel frattempo decedute, delle imprese cessate, dei nullatenenti e dei contribuenti già sottoposti ad azione cautelare/esecutiva, l’importo potenzialmente aggredibile si riduce a poco più di 100 miliardi di euro (7,9 per cento del totale). Va altresì segnalato che il cosiddetto magazzino residuo è composto da 175 milioni di cartelle per un numero complessivo di 291 milioni di crediti. Gli avvisi di addebito e di accertamento esecutivo sono mediamente di importo molto contenuto: il 76 per cento dei singoli crediti, infatti, sono di importo inferiore a 1.000 euro e cubano complessivamente 59 miliardi di euro.

·        Il 58% dei mancati incassi è concentrato nel Centrosud

Sebbene al Nord sia concentrata la stragrande maggioranza della ricchezza prodotta nel Paese e la parte più dinamica delle attività economiche e produttive, dei 1.274 miliardi di euro di tasse non riscosse negli ultimi 25 anni, il 58 per cento, pari a 739,3 miliardi di euro sono riconducibili alle regioni del Centrosud. Il rimanente 42 per cento, invece, è in capo alle regioni del Nord che cubano 535.1 miliardi di euro non versati. Prendendo come riferimento il dato pro capite, la situazione più critica si verifica nel Lazio, dove i debiti fiscali da riscuotere sono pari a 39.673 euro. Seguono la Campania con 27.264 euro pro capite, la Lombardia con 25.904 euro, il Molise con 20.469 euro e le Marche con 20.078 euro. In valore assoluto, l’importo record non pagato è in capo alla Lombardia con 259,4 miliardi di euro. Seguono il Lazio con 226,7 miliardi di euro, la Campania con 152,5 miliardi, l’Emilia Romagna con 87,9 miliardi e la Sicilia con 87,8 miliardi di euro.

·        La lotteria degli scontrini è stata un flop

Il cashback e la lotteria degli scontrini sono state tra le misure messe in campo in questi ultimi anni per contrastare l’evasione fiscale che non hanno ottenuto i risultati sperati. Se nel primo caso lo scopo era quello di favorire l’utilizzo dei mezzi di pagamento elettronici a scapito dell’uso del contante, nel secondo si puntava ad incentivare il consumatore a chiedere lo scontrino fiscale. I risultati sono stati fallimentari. Il cashback, introdotto dal governo Conte II a luglio 2020, è diventato operativo dal primo gennaio 2021. A seguito della sua regressività e all’eccessivo costo per le casse dello Stato, il provvedimento è stato sospeso il primo luglio 2021 dal governo Draghi e con la manovra di Bilancio 2022 è stato definitivamente soppresso. La lotteria degli scontrini, invece, è ancora in vigore, anche se il numero dei richiedenti per partecipare alle estrazioni è crollato. Se nel 2021 la trasmissione al sistema ha interessato 137 milioni di scontrini, nel 2022 lo stock è diminuito a 41 milioni, nel 2023 è sceso a 33,5 milioni e nei primi undici mesi del 2024 la soglia è leggermente risalita a 38,8 milioni. Tra il 2021 e il 2024, comunque, la contrazione è stata del 72 per cento. A titolo puramente indicativo, si segnala che solo di alimentari e bevande analcoliche, nel 2023 le famiglie italiane hanno speso 182 miliardi di euro.  

·        Per contrastare l’evasione serve un fisco più efficiente

I risultati ottenuti nella lotta contro l’evasione fiscale indicano l’opportunità di continuare a seguire il percorso intrapreso negli ultimi anni, intensificando gli sforzi verso la semplificazione del sistema tributario e il conseguente miglioramento della relazione tra fisco e contribuente. È fondamentale sfruttare in modo sempre più efficiente i dati detenuti dall’Amministrazione fiscale, al fine di ottimizzare i controlli su fenomeni che, secondo le valutazioni dell’Agenzia delle Entrate, presentano elevati livelli di rischio. Tra questi si annoverano: le frodi IVA; l’uso improprio di crediti inesistenti e/o aiuti economici non dovuti; la fittizia dichiarazione di residenza fiscale all’estero; e l’occultamento di patrimoni al di fuori dei confini nazionali. Sono modalità di evasione che, a differenza di quelli imputabili agli artigiani e ai piccoli commercianti, sono ascrivibili quasi esclusivamente ai grandi contribuenti.


LEGGI ANCHE

Cina: Umani Digitali come impiegati modello

Sognate impiegati modello, che non protestano, non fanno valere i loro diritti con vertenze sindacali e non chiedono aumenti di stipendio? Beh, basta andare in…

In ogni società con fondi pubblici un rappresentante del MEF

Il decreto legge, intitolato “Misure di potenziamento dei controlli di finanza pubblica,” prevede che ogni società o ente che percepisca contributi superiori a 100.000 euro…

Un finto avvocato ha vinto 26 cause senza aver studiato giurisprudenza

Un finto avvocato, privo di formazione legale, dopo aver rubato l’identità ad un vero professionista, ha seguito 26 cause e le ha vinte tutte. Il…

Cartella Clinica, il Garante Privacy chiarisce: “La copia integrale dipende dal titolare del trattamento”

Il Garante per la protezione dei dati personali ha fornito un’importante guida riguardante il diritto di accesso alla propria cartella clinica, specificando le modalità per ottenere copia integrale dei documenti medici. In particolare, l’Autorità ha chiarito che l’interessato ha il diritto, ai sensi dell’articolo 15 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (RGPD), di richiedere l’accesso alla propria cartella clinica (o a quella di un defunto, come previsto dall’art. 2-terdecies del Codice Privacy), con la possibilità di ricevere una copia dei dati personali trattati.

Secondo quanto stabilito dal Garante, se è necessario garantire l’esattezza, la completezza e l’intelligibilità delle informazioni richieste, il titolare del trattamento ha l’obbligo di fornire una copia integrale dei documenti che contengono tali dati.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata su questo aspetto con la sentenza 307-22 del 26 ottobre 2023, affermando che nel contesto di un rapporto medico-paziente, il diritto di ottenere una copia dei dati personali implica che l’interessato riceva una riproduzione fedele e comprensibile dell’intero insieme di tali dati. Questo include, tra l’altro, le informazioni riguardanti diagnosi, esami, opinioni dei medici e dettagli su terapie o interventi.

Tuttavia, la richiesta di accesso non implica un immediato rilascio della documentazione completa. Come sottolineato nel regolamento, la prima copia dei dati è gratuita, ma non necessariamente comprendente tutti i documenti della cartella clinica. La decisione se fornire una copia integrale dei documenti spetta al titolare del trattamento, che deve valutare se questa sia necessaria per garantire all’interessato la possibilità di verificare l’esattezza e la comprensibilità dei dati richiesti.

In linea con le Linee guida del Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), il Regolamento non prevede requisiti formali per la presentazione delle richieste, consigliando ai titolari di essere indulgenti nei confronti dei richiedenti, i quali potrebbero non essere a conoscenza delle complessità della normativa. In caso di dubbi, il titolare del trattamento è invitato a chiedere chiarimenti direttamente all’interessato.


LEGGI ANCHE

Cybersicurezza: 6 minacce interne da gestire

Cybersicurezza: 6 minacce interne da gestire

Quando si parla di cybersicurezza di aziende ed enti, i pericoli più gravi non vengono da fuori ma da dentro. Sono le minacce interne. Conoscerle…

serie di fascicoli

Cassazione, la rassegna giurisprudenziale della settimana

Questa settimana, la Corte Suprema di Cassazione ha emesso una serie di sentenze che affrontano temi in ambito giuslavoristico, penale, civile ed ereditario. Ecco i…

laura massaro

Redditi più bassi e meno opportunità: perché le avvocate abbandonano la professione

Sempre più donne scelgono la professione forense, ma molte sono costrette ad abbandonarla. Le avvocate guadagnano mediamente il 53% in meno dei colleghi uomini e…

Forze dell’Ordine e pratica forense: via libera all’iscrizione nel Registro dei Praticanti

Gli appartenenti alle Forze dell’Ordine possono iscriversi nel Registro dei Praticanti avvocati, anche se successivamente non potranno accedere all’Albo degli Avvocati. Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 327 del 21 settembre 2024, ribadendo che la norma generale (art. 41, co. 4, L. n. 247/2012) non prevede incompatibilità tra il tirocinio forense e l’attività di lavoro subordinato, anche per chi svolge funzioni di polizia.

Accorgimenti per evitare conflitti di interesse

Tuttavia, per evitare conflitti di interesse legati al dovere di denuncia della notitia criminis, gli aspiranti avvocati appartenenti alle Forze dell’Ordine dovranno circoscrivere la loro pratica a determinati settori del diritto, preventivamente valutati dal dominus, ossia l’avvocato affidatario. Questo accorgimento è necessario per garantire che l’obbligo di segretezza e fedeltà del praticante avvocato non entri in conflitto con i doveri istituzionali legati al ruolo nelle Forze dell’Ordine.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

La sentenza ha accolto il ricorso di un appartenente all’Arma dei Carabinieri contro il provvedimento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) che gli aveva negato l’iscrizione al Registro dei Praticanti. Il CNF, nel decidere, ha seguito l’orientamento già espresso nella sentenza n. 248/2021, in linea con quanto affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 28170/2008, chiarendo così una volta per tutte che l’incompatibilità scatta solo al momento della richiesta di iscrizione all’Albo.


LEGGI ANCHE

SXO e Intelligenza Artificiale: la nuova frontiera oltre la SEO

Non basta più essere visibili online: oggi il vero obiettivo è creare esperienze digitali memorabili, integrate tra motori di ricerca, AI e customer journey. Nasce…

processi più brevi prescrizione

La ricetta di Davigo per processi più brevi che ha suscitato polemiche

Il 15 gennaio 2020, la commissione Giustizia alla Camera ha approvato la soppressione della proposta di legge Costa che puntava a bloccare la riforma della…

Lavoro: crescono i posti fissi, ma restano 190mila posizioni vacanti

Nonostante il record storico di contratti a tempo indeterminato registrato a novembre 2024, 120mila occupati rischiano il posto, mentre molte aziende non trovano personale per…

Distretto di Napoli – Fermo del servizio di consultazione informatica del settore Civile

Si comunica che, per attività di manutenzione straordinaria, si procederà all’interruzione del servizio di consultazione dei sistemi informatici del civile degli uffici giudiziari del distretto di Napoli

dalle ore 11:00 del 21/02/2025 alle ore 11:00 del 22/02/2025.

Durante l’esecuzione delle attività di manutenzione rimarranno attivi i servizi di posta elettronica certificata e saranno, quindi, disponibili le funzionalità relative al deposito telematico del settore civile da parte degli avvocati, dei professionisti e degli altri soggetti abilitati esterni anche se i messaggi relativi agli esiti dei controlli automatici potrebbero pervenire solo al riavvio definitivo di tutti i sistemi.

Non sarà invece possibile consultare in linea i fascicoli degli uffici del distretto coinvolto dal fermo dei sistemi e procedere alla pubblicazione di una nuova inserzione sul Portale delle Vendite Pubbliche per le vendite di tipologia giudiziaria.

Le modifiche potrebbero interessare l’intero territorio nazionale coinvolgendo anche i sistemi di consultazione del civile.

Ricordiamo che sarà possibile depositare telematicamente con Service1 seguendo l’apposita guida disponibile al seguente LINK GUIDE


LEGGI ANCHE

nuove assunzioni nella giustizia

D.L. “Rilancio”: nuove assunzioni nella Giustizia italiana

Le misure in tema di Giustizia previste dal D.L. “Rilancio” hanno l’obiettivo di aiutare e garantire la ripresa del regolare svolgimento dell’attività giudiziaria dopo lo…

facciata di un palazzo

Assemblee condominiali: no alla convocazione WhatsApp, SMS, mail o in cassetta postale

Il mancato rispetto dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile comporta l’annullabilità delle delibere assembleari, rendendo nulla qualsiasi decisione presa in un'assemblea convocata…

Italia, il Paese dove le pene restano sulla carta: solo il 3% delle multe penali viene riscosso

Tra condanne pecuniarie non eseguite, riscossioni al minimo e pene alternative che arrancano, il sistema giudiziario italiano fatica a far rispettare le sentenze. E alla…

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto